La città bella e abbandonata dove il turista si sente respinto
di BENJAMIN STAHL
Durante la fase di atterraggio sull’aeroporto di Palermo guardo fuori dal finestrino dell’aereo: nelle acque turchesi del mare mediterraneo galleggiano barche che da qui sembrano minuscole. Accanto a me è seduto un siciliano che vive in Germania e che sta per tornare a casa per le vacanze. Mi racconta di quanto fosse bella l’isola e non vede l’ora di riassaporare la cucina della mamma. Romanticismo suditaliano tanto gradito ai tedeschi. Una volta arrivati a Palermo però, niente è come uno se lo immaginava.
La nostra idea dell’Italia è messa insieme da ricordi di vacanze trascorse sulle sponde del Lago di Garda o sulla costa adriatica, dai mondiali vinti nel ’90 nella finale di Roma contro l’Argentina di Diego Maradona e di film sdolcinati, ambientati nei vigneti toscani, e, ovviamente di pizza, spaghetti e Chianti.
Palermo non rientra in questo stereotipo: palazzi una volta splendenti abbandonati a un degrado che appare inesorabile. In molti angoli della città s’innalzano montagne di rifiuti, che non vengono raccolti. Da crederci o no, ma quest’ultima cosa, questa dell’immondizia sparsa per le strade, è già stata notata con rammarico 200 anni fa da un illustre visitatore tedesco: Johann Wolfgang Goethe. Lo scrittore, a un certo punto di quel suo diario di viaggio, narra che una volta chiese ad un mercante del luogo “da dove provenisse tutta quella sporcizia nella sua città”. Il mercante rispose: “E’ solo il modo in cui essa è”. Un’alzata di spalle confezionata in parole.
Si può soltanto sperare che indifferenza e rassegnazione non facciano parte del dna dei palermitani di oggi. E questo perché la città ha un enorme potenziale attrattivo, soprattutto per i turisti che sbarcano nel capoluogo siciliano attratti dai monumenti, ma anche dalla cucina siciliana, dai mercati e soprattutto dalla spiaggia di Mondello, sicuramente più bella rispetto a quelle di Bibione e Jesolo.
Però, mentre nelle località adriatiche i turisti tedeschi friggono al sole ammassati uno accanto all’altro come in una scatola di sarde, a Palermo non si è ancora pronti ad accogliere il turismo straniero. Nei ristoranti, nei negozi o sui mezzi di trasporto pubblici non si riesce a comunicare se non in italiano. Un peccato considerando che qui con il turismo si potrebbe guadagnare molto di più di quanto lo si faccia adesso.
Nessuno vuole lo strozzinaggio, soprattutto non il tedesco risparmiatore. Ma paragonando il prezzo del cappuccino in un bar nel centro storico di Palermo rispetto a quello di fronte l’Arena di Verona, si nota una differenza di ben due euro. Con stupore ho notato anche il prezzo per il biglietto d’ingresso alle Catacombe dei Cappuccini: 3,50 euro per visitare una delle attrazioni turistiche tra le più incredibili al mondo. Altre città chiederebbero come minimo il doppio per un posto del genere. Una caratteristica, quella della scarsa redditività dei luoghi turistici, che non si sposa bene con i debiti che hanno il Comune e la Regione. E ai quali si aggiungono assistenzialismo e corruzione. Di questo se n’è sentito parlare anche al di là delle Alpi. E purtroppo rientra anch’esso in un altro stereotipo italiano, che si affianca alla dolce vita: La Mafia.
In gran parte è una questione di politica: che in Sicilia è paragonabile al traffico palermitano. Visto da un tedesco troppo caotico, apparentemente senza regole e vicino al collasso. Eppure i problemi siciliani dovrebbero essere un monito per tutto il paese: “L’Italia senza la Sicilia non lascia alcuna immagine nell’anima: qui è la chiave di tutto”. Anche questa è di Goethe. E anche questa frase oggi è più attuale che mai.